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Mamma, ho perso la Coppa: tutta colpa dell’arbitro!

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Anche Conte sarebbe vicino all'accordo con il PSG

Al giorno d’oggi, dopo millenni di evoluzione, di storia e di progresso scientifico, sono solo due le conoscenze che il genere umano può dare per assodate, e che può ritenere ancor più inattaccabili delle equazioni di Einstein: la legge di gravitazione universale di Newton e il postulato rancoroso di Antonio Conte. La prima la conoscono tutti, o quasi, e il secondo, che la ricalca fedelmente, dice così: “Ogni sconfitta sul campo determina l’ira funesta di Conte con una forza che è direttamente proporzionale alla figuraccia sul campo medesimo e inversamente proporzionale all’ideale di fair-play”. Le verifiche sperimentali di questo postulato sono innumerevoli, e la reazione del tecnico bianconero dopo l’agghiaggiande 0 a 0 contro il Benfica è una di quelle conferme di cui nessuno, ormai – né la comunità scientifica, né quella sportiva – sentiva il bisogno.

"Avevamo cullato un sogno..."

“Avevamo cullato un sogno…”

SOB…“Avevamo cullato questo sogno – esordisce Conte scuro in volto – purtroppo non siamo riusciti a realizzarlo nonostante nelle due partite meritassimo noi di accedere alla finale. Dispiace perché non siamo riusciti a giocare per troppo ostruzionismo avversario e perché l’arbitro glielo ha permesso, spezzettando il gioco dopo aver detto ad inizio partita che avrebbe fatto giocare e ricredendosi nella ripresa. (…) Comunque loro – prosegue il mister alludendo alla squadra ridotta prima in 10 e poi in 9 – hanno dimostrato tutta la loro esperienza, anche in questo. Siamo usciti con due tiri subiti nello specchio in porta, alla fine è stata premiata la squadra che meritava di meno.

SIGH…“Ho detto ai miei di tenere la testa alta, hanno dato tutto quello che potevano, ringrazio lo Juventus Stadium perché ci ha sostenuto fino alla fine. Ora voltiamo pagina e pensiamo al campionato, con l’Atalanta potremmo coronare il terzo scudetto consecutivo e sarebbe qualcosa di fantastico. Cosa è mancato? – aggiunge Conte riportando l’attenzione sul match e sulle tattiche di gioco della sua squadra – È mancato il gol, in due partite abbiamo subito due tiri nello specchio e abbiamo subito due gol, oggi non c’è stato neanche un rimpallo o una deviazione favorevole, a loro è andato tutto bene anche da questo punto di vista. Loro hanno dei valori assoluti altissimi e vanno in finale – che si giocherà proprio allo Juventus Stadium, ndr – ma non penso con merito”.

Mark Clattenburg

Mark Clattenburg

GRRR… – L’arbitro inglese Clattenburg, secondo Conte, “ha permesso al Benfica di fare ostruzionismo dall’inizio alla fine. Ci sono stati 49 minuti di gioco effettivo quando la media è di 60-65 e 6 minuti di recupero per tutto il tempo perso mi sono sembrati una presa in giro abbastanza forte. Evidentemente le loro lamentele preventive sono servite, forse dovevamo piangere anche noi come loro. Ci sentiamo presi in giro e anche l’Uefa dovrebbe rispettarci di più, mandandoci direttori di gara all’altezza. All’andata c’era espulsione e rigore a favore su Chiellini, stavolta c’era un altro rigore. Dopo quello che è successo a Istanbul e con il Benfica a Torino spero solo che in futuro l’Uefa abbia più rispetto per la Juve”.

COSI’ FAN TUTTI (O QUASI) – Insomma, il succo è questo: abbiamo avuto l’arbitro contro, abbiamo cullato il sogno di un rimpallo o di un bell’autogol ma…niente da fare, gli avversari sono stati brutti e cattivi e le istituzioni ci devono portare rispetto. Solito Conte, quindi, solito postulato e…solita Italia pallonara, che alla sconfitta sul campo reagisce perdendo anche fuori. Sì, perché diciamolo: tranne qualche rara e lodevole eccezione, i tecnici della nostra Serie A non sono diversi dall’uomo di sport bianconero, e anche loro ricorrono spesso, se non sistematicamente, alla dietrologia da un tanto al chilo e a un vittimismo a dir poco puerile. D’altra parte, questa mancanza (così diffusa) di fair-play è uno dei segni – forse il più inquietante – dell’arretratezza e della provincialità del nostro calcio, che un tempo era il centro dell’Impero e oggi si è ridotto a vivacchiare ai suoi margini all’insegna della mediocrità. Magari fosse solo un problema di risorse economiche: se anche avessimo i soldi, infatti, quelle culturali e quelle umane non si trovano sul mercato.

PRANDELLI, PENSACI TU – Ora, di sicuro non capita nel momento (e nel Paese, il Brasile) più favorevole, ma l’Italia del calcio – retrocessa al quinto posto del ranking Uefa “per colpa del signor Clattenburg” – ha subito la bella occasione di riscattare, almeno in parte, la sua immagine. Certo, per arrivare fra le prime quattro del mondo ci vorrebbe un miracolo italiano, o giù di lì, ma non è il risultato sul campo, in fondo (e fortunatamente, visto che già uscire vivi dal girone di ferro sarà un’impresa…), quello che conta di più. No. La cosa davvero importante è il modo con cui faremo le cose, il modo in cui giocheremo (a viso aperto con chiunque, si spera, senza fare tanti calcoli e con la testa sgombra dalle scorie complottiste di casa nostra), il modo in cui vinceremo – sul campo e fuori – e con cui sapremo accogliere l’eventuale e malaugurata sconfitta. Questo conta, perché al di là dei ranking, è nella “sportività” che siamo davvero retrocessi.

Enrico Steidler

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