Football
Italia-Croazia: dirige il re del 2010 Howard Webb. Dobbiamo stare tranquilli?
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9 anni fa|

DANZICA, 13 GIUGNO – Talvolta il curriculum significa poco: le qualità di una persona prima ancora che di un lavoratore non sono misurabili dai criteri limitati di poche righe di descrizioni incensatorie. Ma, ogni tanto, bisogna prendere atto delle capacità di personalità fuori dal comune nel proprio campo di competenza: Howard Webb è proprio uno di questi. L’arbitro inglese non ha bisogno di presentazioni: il 2010 è stato per lui un anno magico, da favola diventata improvvisamente realtà e così, nel giro di poche settimane, Webb si è trovato a dirigere le due partite più importanti del pianeta, la finale dei Campionati del Mondo e la finale della Champions League.
LA SOLIDITA’ AL POTERE – Webb, figlio d’arte, è l’emblema della solidità umana e professionale: fisico massiccio ma snello e performante, sguardo penetrante e gestualità decisa e mai sopra le righe. Nato nel 1971, ha trovato la consacrazione internazionale agli Europei del 2008, quando è riuscito a dirigere due gare della fase a gironi, iniziando ad imporsi come arbitro affidabile e difficilmente portato all’errore. In patria le prime gare di alto livello erano iniziate ad arrivare già a partire dal 2005, quando fu proprio lui il direttore di gare della tesa finale di Community Shield fra Chelsea e Arsenal, terminata 2-0. Un buon approccio, quindi, con i blues, a cui non seguì però un roseo futuro. Ma, come detto, l’esplosione definitiva avvenne proprio nel 2010, l’anno del triplete nerazzurro e della magica doppietta del fischietto inglese, una doppietta incredibile e difficilmente pronosticabile. Se la finale di Champions filò via tranquilla e serena verso il porto milanese, lo stesso non si può dire della finale dei Mondiali fra Spagna e Olanda, vinta dalle Furie Rosse dopo una battaglia lunga 120 minuti. L’inglese subì notevoli critiche da entrambe le squadre, accusato di non aver saputo gestire al meglio le fasi più tese della gara, che, come ricorderanno i più attenti, rischiò a più riprese di sfociare in piccole e grandi risse. Come non ricordare il poderoso calcio al petto di De Jong su Xabi Alonso? Un brutto momento per tutto il calcio europeo.
IRA BLUES – Bhe, certo, un anno come il 2012 è difficile anche solo da immaginare, figuriamoci da ripetere: la carriera dell’inglese non ha avuto certamente rallentamenti, lanciata sia a livello nazionale che internazionale, così prepotentemente che i big match in patria non sono mancati nemmeno in questa ultima stagione. Fra tante ottime direzioni, però, verrà certamente ricordata una delle partite più discusse di questo 2012, la sentita sfida fra Manchester United e Chelsea del 5 febbraio, pareggiata dalle due squadre con il risultato di 3-3. A ricordarla non saranno sicuramente i tifosi dei diavoli rossi quanto quelli dei blues allora guidati dal portoghese Villas Boas, che, andati in vantaggio di tre reti, riuscirono nella difficile impresa di farsi rimontare in una trentina di minuti dai ragazzi di Ferguson. Una partita dagli strascichi infiniti, condizionata da 2 rigori concessi allo United, contestati duramente da giocatori, staff e tifosi della corte di Abramovich e finiti sul web dove spopolano immagini del fischietto inglese vestito di rosso. Un “furto”, secondo loro ovviamente, che ha lasciato una ferita difficilmente rimarginabile.
DOBBIAMO STARE TRANQUILLI? – Noi, da bravi italiani, prima dubitiamo del prossimo, specialmente se in giacchetta nera, e poi ci poniamo domande sul suo reale valore tecnico: bhe, questa volta, stiamone certi, siamo in ottime mani. Siamo nelle mani di uno dei migliori arbitri del mondo, come Kassai del resto, e dobbiamo solamente pensare a giocare e a segnare un goal più dei nostri avversari croati. E se sbaglierà, lo farà per una semplice ragione: è un uomo. Due occhi e non una fotocamera in mezzo al volto. Due orecchie e non sensori ai loro lati. Perchè la realtà, difficile da comprendere per i tifosi, è che in campo il nemico non è munito di fischietto. In campo nemici non esistono. Esistono avversari ed esistono figure che, nel rispetto delle regole, fanno del loro meglio per dirigere una partita, che spesso e volentieri diventa incandescente per una sola ragione: tutti -giocatori, tecnici, tifosi,presidenti ed addetti ai lavori- ci dimentichiamo con troppa facilità di una semplice realtà, il calcio è un gioco. Un gioco. Un passatempo, una passione, un hobby. Il calcio è divertimento e dubitiamo fortemente che prendendosela con l’arbitro si creino momenti di ilare gioia. Riflettiamo ogni tanto su questa frase e facciamola nostra, ripetiamola come un mantra: è solo un gioco, è solo un gioco, è solo un gioco. Forse riusciremo, prima o poi, a divertirci davvero praticando e guardando il calcio, il gioco più bello del mondo.
Angelo Chilla
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