Arte&Cultura
Lorenzo Lotto e il “Compianto su Cristo morto” di Bergamo

Il Compianto su Cristo morto di Lorenzo Lotto, conservato nella chiesa di sant’Alessandro in Colonna a Bergamo, ha avuto una travagliata fortuna critica, dovuta in prevalenza alle cattive condizioni di conservazione e ai numerosi interventi di restauro che devono avere certamente alterato, nel tempo, le cromie originarie del dipinto, compromettendo seriamente così la leggibilità dell’opera. Già nel 1548 il quadro di Lorenzo Lotto aveva bisogno di cure e in epoche successive sono documentati diversi interventi di restauro: uno risalente al 1702 e uno al 1880, e più recentemente uno al 1998. Il Tassi, alla metà del Settecento, aveva davanti a sé già un dipinto molto compromesso e “scemato di sua vaghezza”.
LA DATAZIONE E I RIMANDI A LEONARDO – La datazione dell’opera oscilla tra il 1517 e il 1523. Bernard Berenson, infatti, offriva una datazione compresa tra il 1517 e il 1521, e a ridosso del ’21 ipotizzava di collocarla anche il Pallucchini, affiancato e appaggiato in tal senso anche dalla Mariani Canova; a spingersi più avanti, sino al 1522, invece, è stato il Mascherpa. Dal punto di vista stilistico, e considerando gli espliciti richiami alla fucina leonardesca con rimandi al Boltraffio e al D’Oggiono (pensiamo alla Resurrezione di Cristo tra i Santi Leonardo e Lucia, dipinto a quattro mani dai due leonardeschi, oggi al Staatliche Museen di Berlino), ci si può spingere sino al 1523. La Maddalena inginocchiata del dipinto lottesco rievoca infatti proprio la santa Lucia della Resurrezione di Boltraffio. Questa incursione nel mondo leonardesco non rappresenta una novità nella produzione del Lotto, se pensiamo a quadri come la Madonna col Bambino e San Giovannino di Dresda del 1518, oppure alle Nozze mistiche di santa Caterina e altri santi (1524) della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma, dove la figura del san Sebastiano richiama la delicatezza e le fattezze della Leda leonardesca.
UNA MIRABILE FUSIONE DI STILI – Il Compianto, al di là delle vicende legate alla fortuna critica e all’infelice stato di conservazione, rappresenta, a mio avviso, una delle prove pittoriche più alte nella produzione di Lorenzo Lotto, sia per la indiscussa carica patetica sia per la sintesi e la concentrazione di molteplici linguaggi, che vanno da Botticelli a Dürer, da Alvise Vivarini (come osservava lo stesso Berenson) a Niccolò dell’Arca e Jacopino de’ Scipioni. Una mirabile fusione di stili, unita a una forte componente emotiva, capace di rende il Compianto uno dei quadri più drammatici e patetici del Rinascimento italiano.
Michele Lasala
