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Ibernazione: dal mito alla realtà la nuova sfida della scienza

Ad oggi la parola “animazione sospesa” risulterebbe sconosciuta alla maggior parte della gente. Meno dubbi, sicuramente, sorgerebbero utilizzando un suo sinonimo “scientifico”, ovvero ibernazione.
IMITARE GLI ORSI – L’animazione sospesa è un processo, ottenuto artificialmente, che provoca un rallentamento delle normali funzioni vitali (anche se, appunto, la parola giusta dovrebbe essere sospensione), senza ovviamente causare la morte. Rallentare quindi il respiro, il battito cardiaco e l’attività neurologica, fino cioè a renderle misurabili solo tramite appositi strumenti, sono le caratteristiche principali che stanno alla base della criogenia. Detto cosi sembra quasi di star leggendo un capitolo di Asimov ma, come spesse volte accade, la realtà supera la fantasia, o ne prende spunto.
DAI TOPI ALL’UOMO – Il primo articolo scientifico pubblicato a tal riguardo risale al 2005, quando l’esperimento condotto nel laboratorio di Mark Roth dimostrò la possibilità di abbassare la temperatura corporea dei topi (animali che non vanno in ibernazione) fino a 13 gradi per circa 6 ore, limitando il metabolismo a 1/10 del normale. Stesso esperimento riprodotto poi a Bologna, dal Prof. Zamboni, un anno dopo (in questo caso i topi furono svegliati dopo 6 ore senza alcun problema, anzi dimostravano una fortissima attività neuronale con creazione di nuove sinapsi). A livello umano il primo caso di ibernazione documentato è stato quello del giapponese Mitsutaka Uchikoshi, che sopravvisse al freddo 24 giorni senza cibo o acqua, in quello che poteva essere considerato un vero e proprio stato di ibernazione.
L’ESPERIMENTO – Oggi all’Upmc Presbyterian Hospital di Pittsburgh, alcuni medici vorrebbero tentare l’animazione sospesa su 10 pazienti in fin di vita, sostituendo il sangue con una soluzione salina fredda (in modo da evitare l’ipossia a livello cerebrale e cardiaco). Questo porterebbe il paziente a raggiungere una temperatura corporea di circa 10 gradi dopo 15 minuti. “Quello che vogliamo fare è sospendere la vita, ma preferiamo non chiamarla ‘animazione sospesa’ perché suona troppo fantascientifico. Se un paziente arriva due ore dopo la morte non si può fare nulla, ma se sta morendo e si può interrompere il processo forse c’è una chance per lui” dichiara il coordinatore del team Samuel Tisherman. Al termine dell’operazione il sangue viene poi rimesso in circolazione riportando l’attività fisiologica e, quindi, la temperatura a valori normali. Se questo esperimento andrà a buon fine, un altro mito della fantascienza sarà divenuto realtà.
Luca Porfido
