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Roma in mano straniera: Zeman e Petkovic tra follia e spettacolo

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ROMA, 5 GIUGNO – Secondo alcuni è una moda, secondo altri la nuova frontiera del calcio italiano, sempre meno attento al passaporto e al pedigree e sempre più voglioso di stupirsi e stupire: l’allenatore straniero è ormai quasi un must per ogni società che si rispetti e al diavolo il motto tradizionale secondo cui gli allenatori più bravi del mondo siano proprio gli italiani. La Roma al fascino dell’esotico aveva già ceduto la scorsa estate, quando la nuova proprietà americana aveva sperato di poter rivoluzionare il calcio italiano semplicemente ingaggiando l’allenatore delle giovanili blaugrana. Si parlava di fiducia e di progetto, di tempo e di pazienza, ma poi i buoni propositi tipicamente anglosassoni sono evaporati ai primi caldi primaverili lasciando spazio ai numeri nudi e crudi dello spagnolo Luis Enrique: 14 sconfitte e 54 goal subiti hanno affondato la fiducia dei tifosi e indotto l’asturiano alle dimissioni. 

IL RITORNO DEL BOEMO – La dirigenze giallorossa, archiviata la stagione no, ha deciso di puntare un’altra volta in alto, ponendosi un obiettivo tanto difficile quanto quello preventivato con la chiamata dello spagnolo: riproporre Zeman in panchina significa convincersi nuovamente di avere le capacità per cambiare le fondamenta del calcio italiano, riuscendo a coniugare lo spettacolo del calcio del boemo alla necessità di vincere. La Roma deve vincere per i propri tifosi, ma anche per la grande quantità di denaro investita nella costruzione di questa squadra, che colpo dopo colpo assumerà sempre di più l’immagine del suo tecnico. Zeman è e sarà sempre una scommessa, Zeman è una sorta di alieno catapultato in una realtà a cui non vuole adattarsi, ma a cui tenta di mostrare i suoi paradossi e le sue incongruenze. Zeman è e sarà straniero ovunque egli andrà poichè porta con sè un seme che spaventa la società moderna standardizzata attorno a regole ferree ed indiscutibili: il seme della diversità.

 LA SCOMMESSA BIANCOCELESTE – Se la scelta della Roma contiene un qualcosa che rasenta la filosofia, sull’altra sponda del Tevere sembra apparentemente regnare una vena di lucida follia: il nuovo tecnico sarà Vladimir Petkovic, d’origine bosniaca ma residente dalla fine degli anni ’80 in Svizzera, proveniente dal Sion, squadra fortemente penalizzata per illeciti in Europa League, che è riuscito a salvare battendo ai play-out l’Aarau. Proprio questa salvezza insperata avrà convinto i massimi dirigenti laziali ad affidare la panchina della quarta classificata nello scorso campionato ad un allenatore così poco abituato a scenari e ambienti caldi come quello romano. L’unica esperienza da allenatore fuori dai confini svizzeri risale al 2011, in Turchia, alla guida del Samsunspor: un’esperienza certamente da dimenticare, caratterizzata da 4 vittorie in 22 giornate, da un esonero prematuro e da una retrocessione inevitabile. Il presidente Lotito e il ds Tare si sono assunti una responsabilità non da poco nell’accettare questa scommessa e proporla ai tifosi bianco-celesti, notoriamente molto esigenti e critici anche nei confronti dell’eccezionale lavoro svolto dal veterano Edy Reja.

ROMA CITTA’ APERTA – Un segnale forte quello lanciato dalle due romane: la scelta di affidarsi ad allenatori stranieri deve essere letta più che come critica ai tecnici italiani, quanto come voglia di rilancio e riscatto, palesate nel modo più diretto possibile. Petkovic, possiamo affermarlo con serenità, era -fino alla settimana scorsa- sconosciuto a tutti quelli che ora ne criticano o lodano le capacità o ne discutono la filosofia tattica. La Lazio del bosniaco può solamente stupire, vincendo e convincendo o crollando rovinosamente sotto le macerie dell’inesperienza del suo tecnico. Il bel gioco che tutti si aspettano da lui potrà solo rendere più gustosa la scommessa vinta o più drammatica una sconfitta preannunciata dal malcontento dei tifosi più ambiziosi. Zeman ha di fronte a sè la sua ultima occasione per vincere in serie A e dimostrare quanto la sua fama sia commisurata al suo enorme talento e per evitare di chiudere la sua carriera con l’etichetta imperitura di straordinario perdente. 

QUESTIONI DI MERITO? – La domanda che tutti si pongono, in primis i tifosi laziali, è semplice: non c’era nulla di meglio sulla piazza? Per quanto riguarda il boemo la risposta è semplice e condivisa: Zeman è la scommessa che tutti vorrebbero fare, è l’allenatore pià amato – e quindi più odiato- del calcio italiano, è semplicemente perfetto per una squadra giovane e talentuosa, che ha la forza e la voglia per mettersi in gioco e sacrificarsi. In merito a Petkovic il discorso si complica. E’ possibile che non ci fosse nessun allenatore, italiano o straniero, capace, intelligente, preparato, ma soprattutto psicologicamente pronto ad affrontare il trauma di una metropoli che vive di calcio e di polemiche? Probabilmente qualcuno c’era, Gasperini e Zola su tutti,  ottimi allenatori, che hanno già dimostrato di sapere stare seduti su una panchina così calda come quella lasciata vacante dal saggio Reja. Le risposte che possiamo dare sono due: o i vertici della Lazio sono completamente impazziti e dediti al masochismo o hanno intravisto qualcosa di veramente positivo nel bosniaco. Noi vogliamo credere in questa seconda opzione, speranzosi di poter vedere giocare sui campi di serie A  un calcio bello e propositivo, lontano anni luce dagli arroccamenti difensivi che troppo spesso siamo costretti a subire.

A cura di Angelo Chilla

La redazione del magazine che ha fatto la storia del giornalismo sportivo online moderno

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