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AAA: cura anti-cretino cercasi disperatamente
Pubblicato
7 anni fa|
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Enrico Steidler
“Sarà un piacere quando il Vesuvio farà il suo dovere“. Ecco la rima baciata di una mente bacata, l’ennesima. Questa volta, l’ultima di una serie che non sembra avere mai fine, sono i tifosi del Bologna a guadagnarsi i disonori della cronaca per aver esposto uno striscione da ricovero coatto, e aver poi dedicato ai 7000 sostenitori del Napoli presenti al Dall’Ara il coro più gettonato in tutte le curve italiote dalla Toscana in su, quel “Vesuvio lavali col fuoco” che rappresenta il sintomo di un malessere tanto diffuso quanto colpevolmente trascurato. Questa paurosa mancanza di neuroni e di letture si manifesta in innumerevoli modi e un po’ ovunque, dagli spalti di uno stadio al set di un fortunato programma tv. “Io disprezzo tutto ciò che sei, quello che voi rappresentate e questa nazione ti manderà a casa”: ecco le sentite parole rivolte al concorrente italiano Paolo Lagana (dichiaratamente omosessuale) da uno dei giurati dell’edizione rumena di X-Factor, il noto – nei Carpazi – rapper Cheloo; per la cronaca, il suo benevolo auspicio si è subito avverato e la nazione – invocata come un vulcano – ha fatto il suo “dovere” eliminando le “impurità” (nonostante gli applausi del pubblico in sala alla performance di Lagana). Da Bologna a Bucarest, quindi, i sintomi sono molto diversi, ma la deficienza è esattamente la stessa.

Lo striscione esposto dai tifosi del Bologna
L’INVASIONE DEI GIOVANI VECCHI – Non si tratta, però, solo di ignoranza e di stupidità: quel che lega fra loro le tifoserie italiane al rapper rumeno – e al legislatore russo – è un problema per così dire geriatrico. Vedere centinaia, migliaia di ragazzotti (fra i quali non mancano gli adolescenti ultraquarantenni, naturalmente) che urlano slogan insopportabilmente vecchi già cinquant’anni fa è davvero deprimente, e la dice lunga sullo strato di muffa che si è depositato sul cervello di tanti cosiddetti “giovani” e anche – qui sta il grave – su una società che fatica a renderli inoffensivi. Il fatto stesso di ricorrere a fantasiosi concetti come quello della “discriminazione territoriale”, reato di cui sono ora colpevoli gli ultrà del Bologna e che è ben diverso dal razzismo vero e proprio, è significativo. Si tratta pur sempre, infatti, di volgare e intollerabile imbecillità, e operare azzardate distinzioni rivela, in fondo, la volontà di aggirare il problema anziché risolverlo una volta per tutte. Non solo, presta il fianco alla parodia. Come definiamo, infatti, gli scambi di cortesie fra i tifosi di località vicine fra loro o addirittura confinanti? Discriminazione comunale? Le peculiarità dei luoghi e le consuetudini (verosimili o meno che siano non importa) dei loro abitanti ricorrono sempre nei cori degli ultrà padovani e vicentini, ad esempio, e nella pallanuoto sono leggendari gli insulti fra i sostenitori della Pro Recco e quelli del Camogli, località che fra loro distano 10 minuti a piedi prendendosela con molta calma…
La cosiddetta omofobia è allora una pura e semplice “discriminazione sessuale”, e il fatto che sia il mostruoso retaggio di un passato che rivive forse più fra i trentenni che fra gli ultraottuagenari sembra non destare grande allarme in un continente che purtroppo non è “Vecchio” solo per definizione, eccezion fatta per le latitudini più settentrionali. Eppure sappiamo bene qual è il (terribile) prezzo da pagare quando il fanatismo e la stupidità si diffondono grazie all’indifferenza complice dei più e all’inettitudine delle istituzioni, ed è la storia ad insegnarcelo.
Mah…Quando capiremo che non devono esistere “zone franche” in cui ogni idiozia sia consentita – come sostengono alcuni, anzi parecchi, a riguardo delle curve – e troveremo la terapia adatta per debellare il male che ci affligge, allora sarà come ringiovanire, e il futuro ci sorriderà. Per ora, ci tocca convivere con questi tifosi, questi rapper e questi giovani pieni di rughe.
Enrico Steidler
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