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Carlotta Lezzi: la forza dell’ascolto: recensione ed intervista

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copertina del libro di Carlotta Lezzi "è del forte l'ascolto" Lupo Editore

copertina del libro di Carlotta Lezzi “è del forte l’ascolto” Lupo Editore

È del forte l’ascolto è la raccolta firmata dalla poetessa Carlotta Lezzi, edita da Lupo Editore.

Un’accoglienza di ampio margine alla emergente poetessa che spicca, in questa opera, per il linguaggio tagliente, affilato, diretto ed essenziale. Come cifra stilistica un’originalità indiscussa. A partire dal titolo profondamente enigmatico e contraddittorio, gioca su una poesia che stravolge il senso della razionalità e del verbo, contrapponendo immagini e frasi tratte dal gergo comune, per assumere un ruolo di pedina in una scacchiera fatta di parole poste alla rinfusa ma dirette ad un obiettivo. Carlotta Lezzi non usa mezze frasi o nasconde verità, il lettore si scontra con dei cardini saldi, perentori. È la spinta al confronto e al risveglio il messaggio proposto. La poetessa ripropone in alcuni versi dei passaggi classici, frutto di conoscenza e attenzione alla letteratura.

VERSI SCELTI – La raccolta apre con una poesia “A Mio Padre” rivelatoria del genio: “Ma la tua fobia/ diviene la mia/ (talmente ti somiglio)/ e dimentico regole./ E ti regalo vittorie”. In antitesi alla figura paterna, Lezzi scoprirà la sua dote artistica, espressa nelle successive poesie. La battaglia per la sopravvivenza, l’amore campo di lotta tra vincitore e perdente. Nella poesia “Al Futuro” in uno scandirsi temporale della storia, “Così fu/ Così sarà/ E così sia”, nell’amore vince colui che abbandona, ma rimane il dolore per chi è diviso tra passato e presente. Ma ancora i temi della vita, del silenzio, dell’abbandono, sfiorati con maestria intorno ad una immagine che appare come elemento osservato e contemplato: la donna. In “Ritratto di Donna” la figura sfuggente, enigmatica e succube si elevano ad una semplice parola “preziosa” nonché verso introduttivo della poesia: “Preziosa./ Scandisce il suo nome/ sottovoce/ per toppo pudore./ Monda il dolore/ tacendo/ si veste di sogni/ traveste la vita/ investe”.

L’INTERVISTA – Carlotta Lezzi, la raccolta prende il titolo da una poesia contenuta nella stessa, come mai hai scelto proprio questa poesia come portavoce dell’opera?

“In realtà non è la lirica quanto il significato della frase stessa, che riassume l’incapacità dell’umanità, oggi, a fare quello che dovrebbe essere assolutamente normale: ascoltare e non sentire. Sottolineo sempre la differenza tra questi due verbi, perché l’ascolto è fondamentale per la comprensione. Egoismi ed egotismi ìmperano, distruggendo possibili connessioni. La mia raccolta è infatti frutto di un’”assenza di ascolto” , che ho patito come molti e molte e che ho cercato di concretizzate in un grido poetico rivolto alle orecchie di chi sa e vuole cogliere le sfumature del vero, non facendosi assorbire dalla quantità di vuoto che ci circonda. Ed è purtroppo tanto.”

Il tuo linguaggio è decisamente tagliente, gli oggetti assumono un significato preciso ed essenziale. Ogni cosa concorre alla formazione di uno stato d’animo. Nella nostra società qual è il linguaggio migliore da adottare per comunicare con una realtà fortemente globalizzata?

“Il pubblico dovrebbe essere educato alla lettura buona, quella che apporta conoscenza, cultura, che crea contenuti di sostanza. Purtroppo pochi si interessano a questo arricchimento e propinano prodotti di qualità scarsa ma facilmente comprensibili, sfiorando o centrando banalità, quindi incrementando la bassezza del livello comunicativo. E’ una triste e dura realtà che non mi sento di assecondare. Io scelgo sempre la via difficile perché amo le sfide, pur sapendo che la totalità della gente viene attratta dal semplice. Attualmente comunicare non è un verbo che vedo applicato nella pienezza del suo significato, al contrario, e me ne dolgo perché vedo che, più si va avanti, più si peggiora qualitativamente. La mia esortazione è quella di non cercare di vendere di più, ma di cercare di trasmettere di più.”

I temi trattati sono la vita, l’amore, gli affetti, la lotta e la sopravvivenza, ma nel fondo si cela una sorta di dolore. Il poeta di oggi è erede di una poesia decadente. Pensi che ci sia ancora un posto per il poeta oggi tra gli uomini?

“Assolutamente sì. Il poeta è sempre stato lo specchio della verità. Chi non vuole perdere il contatto con il reale, chi crede nella trasparenza dei rapporti, chi cerca un ideale o lo ha già e vuole difenderlo, trova nel poeta il suo paladino. La sua funzione è un po’ come quella dei comici nell’Antica Grecia: smascherare qualcosa che palesemente non va bene, nella maniera più semplice: dicendolo. Si tratti di dolore, amore, sofferenza o al contrario di sentimenti totalmente positivi, sempre e comunque. Oserei dire che ha una “funzione sociale”.”

Essendo la tua prima raccolta di poesie quale consiglio vorresti dare ai giovani poeti emergenti?

“Leggere, leggere e ancora leggere. Le tragedie greche, che sono un misto di poesia e prosa, i poeti contemporanei, gli sperimentatori della lingua. Osare con i neologismi, osare con l’ingegno. E poi ascoltare. I silenzi, che parlano e a volte urlano. Aprire i cassetti nascosti e trasformare tutto quello che c’è dentro in parole d’oro.”

Francesco Cornacchia

La redazione del magazine che ha fatto la storia del giornalismo sportivo online moderno

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