Football
Confederations, Neymar d’oro anche nei tuffi: la ricetta del campione
Non lo chiamiamo fenomeno per lasciare l’esclusiva di tale nobile appellativo a chi in una carriera tormentata e sfortunata ha saputo vincere due mondiali ed altrettanti palloni d’oro (Ronaldo, quello vero s’intende). Certamente siamo di fronte ad un talento straordinario, la cui sola ricezione della palla era sufficiente ieri a far alzare in piedi l’intero Maracanà: scene da film, per un classe 92′ che dal prossimo agosto ammireremo in Europa, nel calcio che conta. C’è un però, ed è grosso quanto una casa: al quale il caro Neymar deve in fretta ovviare per non trascinarsi dietro un’etichetta destinata a cucirsi addosso per il resto della sua carriera, fino quasi a coprire l’immenso talento di cui è stato ricoperto dalla nascita. Restare in piedi, ed andare a terra quando è necessario: senza scambiare il prato verde per una piscina olimpionica.
IL BRASILE AI SUOI PIEDI, INIESTA ANCORA DIETRO – La graduatoria del Golden Ball recita così: Neymar, Paulinho, Iniesta. Julio Cesar premiato miglior portiere, beffando dunque il nostro Gigi nazionale e Fernando Torres scarpa d’oro con 5 gol ( pari merito con Fred che ha segnato ad Uruguay, Italia e Spagna a cospetto del poker del Nino al povero Tahiti). Sull’assegnazione del miglior giocatore pochi dubbi: nonostante qualche acrobazia di troppo, non vi è dubbio che la star più attesa di questa kermesse abbia rispettato le attese, con 4 gol tutti di pregevole fattura. Ma soprattutto, un gioco a servizio della squadra, con buona predisposizione al sacrificio sulla corsia di sinistra e poche giocate fine a se stesse o ad irridere l’avversario. Poi, per carità, siamo in Brasile e parliamo della sua massima espressione incarnata nei piedi e nella testa dell’ex Santos: il calcio è spettacolo anche per questo e noi tutti restiamo in attesa della giocata quando il n.10 verdeoro prende palla. Ma qualcosa ancora il futuro attaccante del Barcellona deve limare, ed al più presto se non vuole essere ricordato e mal visto soprattutto per questo: parliamo di una non tanto velata tendenza ad accentuare all’inverosimile ogni minimo contatto. Magari nascondendo dietro tuffi plateali la giustificazione di un fisico ancora esile e dalla muscolatura non sviluppata. Senza voler cadere in facili moralismi, è chiaro che attegiamenti del genere vadano a discapito in primis del giocatore, del suo talento e dell’immagine che porta dietro di sé: anche in Brasile, Patria che ormai cade letteralmente ai suoi piedi, è stato spesso criticato per questa “moda” poco elegante. In Europa si abituerà presto e con costanza alla fisicità del calcio nel vecchio continente, e all’impossibilità di far convivere questo suo lato “acrobata” con la suscettibilità dei difensori e l’intolleranza degli arbitri.
Sul podio troviamo anche Paulinho, autore come quasi tutto il Brasile di un’ottima Confederations Cup ed aiutato dai due gol decisivi con Giappone e soprattutto Uruguay in semifinale, ma forse Fred avrebbe meritato una lode in più. Iniesta sul podio, quasi di diritto: se nella corsa al pallone d’oro trova puntualmente Messi e C.Ronaldo ad anticiparlo, ora li tocca sottostare anche al futuro compagno di squadra detto anche “cagnottinho”. Miglior portiere Julio Cesar, imbattutto ai rigori e che si è guadagnato la chiamata di una grande per la prossima stagione dopo l’incubo retrocessione vissuto col Qpr (Buffon paga gli zero rigori parati su 7 con la Spagna e qualche incertezza di troppo ad esempio col Brasile). Fuori dal podio suarez, Sergio Ramos ed il nostro Pirlo.
Tra un anno si farà sul serio, la carica del Maracanà diventerà la pressione di un intero popolo sulle spalle dei brasiliani: allora si capirà se la spavalderia e la leggerezza di ieri al cospetto della Spagna sarà frutto della maturazione del gruppo di Scolari, o l’illusione di un torneo di poco conto con zero ansie.
Orazio Rotunno