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Calcio Estero

Orrore in Olanda: guardalinee ucciso a calci e pugni da tre giocatori sedicenni

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Il campo del Buitenboys, teatro dell'efferata aggressione.
Il campo del Buitenboys, teatro dell'efferata aggressione.

Il campo del Buitenboys, teatro dell’efferata aggressione.

AMSTERDAM, 3 DICEMBRE – Sembra incredibile, ma prestarsi a fare il guardalinee in una partita amichevole fra due squadre giovanili può costare la vita. E’ quello che è accaduto domenica scorsa al termine della partita fra il Buitenboys e il Nieuw-Sloten, quando un dirigente della squadra di casa, Richard Nieuwenhuizen, di 41 anni, è stato massacrato di botte da tre giocatori del Nieuw-Sloten, tutti di età compresa fra i 15 e i 16 anni.

Secondo la ricostruzione della polizia, al termine dell’incontro (durante il quale il dirigente-guardalinee è stato continuamente insultato e minacciato dai giocatori della squadra ospite) Nieuwenhuizen è stato affrontato e percosso dai tre baby-killer, ha quindi provato a fuggire ma è stato raggiunto e tempestato di calci e pugni. Nonostante le cure immediate, l’uomo è stato colto da malore e ricoverato d’urgenza all’ospedale, dove però è morto nella notte a causa della gravità delle lesioni cerebrali riportate.

La federazione olandese di calcio e la giustizia reagiranno in maniera molto dura contro questo genere di azioni, assicura il ministro per lo Sport Edith Schippers, che aggiunge: “Ciò che è accaduto non ha nulla a che vedere con lo sport e non può in nessun caso essere tollerato”. La home-page del sito del Nieuw-Sloten è interamente occupata da un comunicato-stampa in cui si legge: Per la nostra Società, questo è uno shock enorme. Un evento che tocca tutti i nostri membri. La violenza non deve essere tollerata sui campi di calcio. E mai e poi mai contro gli arbitri, i guardalinee e tutti coloro che ogni anno si offrono volontari per arbitrare oltre un milione di calciatori dilettanti. Dobbiamo fare tutto il possibile per eliminare questi eccessi”.
E’ roba da lasciare senza fiato commenta il Presidente degli arbitri italiani, Marcello Nicchi, che si affretta a precisare più volte che “in Italia una cosa del genere non è mai accaduta”, ma senza fare alcun accenno alle decine e decine di aggressioni agli arbitri e a i suoi collaboratori che ogni anno si registrano nel nostro Paese, soprattutto nelle categorie inferiori e fra i ragazzini più giovani, dove il pericolo non è rappresentato da questi ultimi, ovviamente, ma dai loro genitori.

Ecco perché fra le numerose voci che si sono levate sdegnate per censurare l’allucinante episodio di Amsterdam, alcune delle quali stonate (quella di Joseph Blatter, ad esempio, tanto per cambiare, che dopo aver tessuto il breve elogio di circostanza alla memoria del caro estinto, si avventura in maldestre analisi pseudo-sociologiche quasi a voler diminuire le responsabilità del mondo del calcio: Il calcio afferma è lo specchio della società e, purtroppo, gli stessi mali che affliggono la società – in questo caso la violenza – si manifestano anche nel nostro gioco”. Già. Ma se il calcio è lo specchio della società, perché non riflette anche gli ideali, la generosità, la passione e l’amore dei milioni di uomini e donne che di giorno e di notte si impegnano nel volontariato, tanto per dirne una?) emergono le parole, poche ma buone, di Frank De Boer, tecnico dell’Ajax e indimenticato campione (“Come possono dei ragazzini di 15 e 16 anni andare fuori di testa in quel modo? Come sono stati cresciuti?) e quelle di Gianni Rivera (“È un segnale molto pericoloso che preoccupa ancora di più perché arriva da un paese come l’Olanda che è sempre stato lontano da questo tipo di cultura – sic! – . Adesso bisognerà stare molto attenti”).

Difficile dargli torto. L’Olanda è infatti il Paese più tollerante e civile d’Europa, e non da ieri, ma di più di cinquecento anni. E se anche concludessimo, forse un po’ sbrigativamente, che quel che è successo ad Amsterdam in fondo è un caso e poteva allo stesso modo accadere altrove, il fatto, nella sua folle abnormità, resta. Ed è quanto mai inquietante.

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