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Almeyda shock : “Ho bevuto e fumato per tutta la carriera. E a Parma ho ricevuto minacce mafiose”

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BUENOS AIRES (ARGENTINA), 26 SETTEMBRE – L’ apparenza inganna. Non potrebbe esserci modo migliore per descrivere ciò che è stato Matias Almeyda, attuale tecnico del River Plate, ex giocatore proprio del club argentino oltre che di Inter, Parma e Lazio. L’ ex centrocampista della nazionale argentina ha difatti scritto un’autobiografia dalla quale sono emersi particolari ed episodi shockanti, legati alla sua lunga e, apparentemente, seria carriera.

CARRIERA   Matias inizia la propria carriera nelle giovanili del River Plate. Nel 1996 approda nella prima squadra, dove colleziona 67 presenze e 3 gol nell’arco di cinque stagioni. Dopo un anno un pò deludente nel Siviglia, arriva l’Italia, a quei tempi meta ambita da tutti i calciatori del mondo. La Lazio lo acquista nel 1997. Poi, via via, arrivano Parma, Inter e Brescia. In Serie A colleziona 142 presenze, segnando 3 reti. La sua lunga carriera poi prosegue in Norvegia e infine nella terra d’origine. Torna infatti in Argentina, ancora nel River, giocando 64 partite in due anni. Almeyda è ricordato come centrocampista di quantità, diventando negli anni della Lazio uno dei migliori al mondo nel suo ruolo. Con i biancocelesti vince una Coppa delle Coppe, uno Scudetto, una Supercoppa Europea,due Coppa Italia e una Supercoppa Italiana. Con il Parma, invece, vince la sua personale terza Coppa Italia. Insomma, una carriera lunga e soddisfacente. Almeno, così sembrava …

SREGOLATEZZA    “Per tutta la carriera ho fumato e bevuto. Bevevo vino come se fosse coca cola. Una volta ad Azul sono finito in coma etilico. Per smaltire ho corso cinque chilometri finchè non ho visto il sole che girava. Un dottore mi ha fatto 5 ore di flebo. Sarebbe stato uno scandalo, all’epoca giocavo nell’Inter”. Le prime parole dell’autobiografia cancellano in un sol colpo l’immagine che tutti avevano di Matias. E prosegue, dicendo :”Ai tempi del Parma ci facevano delle flebo che mi permettevano di sentirmi capace di saltare fino al soffitto. Una volta, poi, dopo che avevo litigato con Stefano Tanzi, prima la polizia mi sequestrò la macchina e poi, giorni dopo, quella nuova mi fu rubata dal garage. Inoltre Milosevic, anche lui in conflitto con la società, ebbe gli stessi problemi. Una volta a mia moglie sentì delle voci provenire da casa: non mancava nulla, ma c’era una manta sulla parete fatta con olio di macchina. Era un messaggio mafioso”.

DEPRESSIONE  Chi ha visto e ammirato gli anni durante i quali fu protagonista Matias, non può che rimanere a bocca aperta. E non è tutto. Almeyda racconta altri retroscena pazzeschi durante la sua permanenza all’Inter: “Dopo due infortuni, ai tempi dell’Inter, iniziarono i problemi. Pensavo e pensavo. Un giorno non sentii più la mano e quello dopo avevo perso la sensibilità di metà parte del corpo. Una psicologa dell’Inter mi diagnosticò attacchi di panico e prescrisse una cura, ma non le ho dato retta. Dopo che mia figlia mi dipinse come un leone triste e stanco, capii che dovevo fare qualcosa e allora da quel giorno prendo quotidianamente antidepressivi ed ansiolitici”. 

MORALE  Nella storia di questo ragazzo c’è tutto il bello e il brutto del calcio. Purtroppo, il mondo del pallone può essere un’arma a doppio taglio. Corruzione, notorietà, soldi, fama possono far si che i calciatori, che comunque sono uomini e non extraterrestri, vadano incontro a simili traumatiche situazioni. Ricordiamo i casi di Adriano, di Gascoigne o i più vecchiotti Maradona, Best e Garrincha. Geni del pallone e contemporaneamente deboli nella vita. C’è una doppia faccia della moneta nel sistema calcio. Inevitabilmente, quella negativa si svela quand’ è troppo tardi

Antonio Fioretto

 

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