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I dolori della giovane Theresa May

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Il volto preoccupato di Theresa May

Theresa May non è giovanissima (va per i 63 anni, ma lo si dica sottovoce: è pur sempre una signora), ma di dolori ne ha in abbondanza. Non le pene di amore che affliggevano il Werther del grande Goethe, vogliamo sperarlo. Quel senso di incompiutezza e di inadeguatezza, quella sensazione di essere “out of joint“, come avrebbe sintetizzato il genio di Shakespeare, sembrano invece rappresentare un filo rosso tra il simbolo della generazione romantica tedesca e il primo ministro britannico. La Germania, già. E certo questa Brexit ha ancora da togliere qualche ora di sonno alla sfortunata Theresa, attanagliata da un gioco che non pare in grado di controllare.

Quel pasticciaccio brutto della Brexit

Il Referendum che due anni fa ha sancito la decisione da parte del popolo inglese di salutare l’Europa si è rivelato ben presto una patata bollente, complicatissima da gestire. I protagonisti di quella campagna referendaria drammatica, fino al tragico (si ricordi la morte della deputata laburista Jo Cox), Boris Johnson e Nigel Farage hanno pensato bene di defilarsi prima di subito, forse fiutando i rischi del caso. Tra capo e collo ci si è trovata quindi Theresa May, che sognava di essere la Merkel inglese, ed è invece diventata l’alter ego pittoresco di Emma Bonino. Con la differenza, comunque, che la nostrana Emma può liberamente spararne a ripetizione sull’Europa, mentre la May non si è capito ancora se voglia sparare o meno; sull’Europa, ovvio.

I termini del problema

L’accordo che la May aveva raggiunto, non senza fatica, con l’UE, è stato accolto a pernacchie dal parlamento inglese, guidato nell’opposizione al primo ministro dal leader laburista Jeremy Corbin, un altro che meriterebbe un articolo a parte. Oltre ai Labour, ecco una fronda di conservatori, che puntano ad una Hard Brexit, e che non hanno apprezzato le trame sapienti del loro capo. La povera May, d’altronde, doveva rendersi conto che l’accordo in realtà lasciava tutto così com’è, per chissà quanto tempo. La Germania, già. La Germania della Merkel, lei sì, una che sa il fatto suo, non poteva certo accettare di veder incrinata la propria egemonia nell’export intra europeo. Il trucchetto da prestigiatore era dietro l’angolo, e Theresa ci è cascata con tutte le scarpe.

Le prospettive

Ad oggi l’ipotesi più plausibile è quella di un No Deal, che in buona sostanza significa l’uscita del Regno Unito dal mercato unico senza accordo. Il tutto avverrà alle 24.00 del 29 marzo. “Ninetta mia, crepare di Marzo (era maggio, lo sappiamo)”. A meno di un secondo Referendum, cosa che all’Europa non dispiacerebbe e che si è più volte ripetuta nel corso di questi trent’anni, praticamente tutte le volte in cui i cittadini si sono espressi contro qualcosa proveniente da Bruxelles e dintorni (ossia sempre). Un dato su cui si potrebbe riflettere, ma vabbè. Un altro accordo, in due mesi, francamente appare difficile. A meno di miracoli, che però, quando incontrano il mercantilismo tedesco, in genere falliscono.

Ahi, povera May.

Giovane studente di filosofia ed aspirante giornalista, nato nel 1993. Calcio e ciclismo sono gli sport che amo maggiormente, ma la mia vera, grande passione, è la politica, vissuta, sempre e comunque, in direzione ostinata e contraria.

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