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La Opinión

Napoli, a San Siro è un naufragio: cosa succede nella testa?

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Lautaro Martinez Argentina

Una sconfitta che fa rumore, molto più dei fischi e degli ululati, beceri e che in questa sede come in altre si condannano a prescindere. Resta tanta amarezza al Napoli di Carlo Ancelotti, dopo la sconfitta per 1-0 patita ieri sera a San Siro, in un primissimo boxing day dal sapore amaro ed aspro: Natale, insomma, non ha portato buone notizie in casa Napoli. E nemmeno Ancelotti, che resta una garanzia, in quest’ultimo periodo sta riuscendo a far svoltare una nave in balia delle onde e che, dopo aver perso a Liverpool, è naufragata anche nel Meazza nerazzurro.

Cosa succede nella testa? A questa domanda andrebbe trovata una risposta perché è evidente che qualcosa si sia momentaneamente offuscato, che qualcos’altro si sia per un attimo fermato. Altrimenti non si spiegherebbero tante cose. È vero, il Napoli ha giocato in un San Siro surreale, uno stadio che ieri è stato palcoscenico per i soliti idioti, tra cori ed ululati. Non è facile, per carità, nessuno nasce già pronto e preparato ad affrontare certi momenti. Ed un attimo di appannaggio, nella vita come nello sport, capita sempre e sempre può capitare. Ma il clima ed un momento meno brillante non bastano a giustificare le sbavature di una squadra che non gira più, o ancora chissà, alla perfezione. Le imprecisioni sono state e restano troppe, la lucidità del gruppo irrimediabilmente ne risente se si arrugginiscono certi ingranaggi. Se Allan non fa il tuttocampista ma si scopre umano, se Lorenzo Insigne, che chiamano tutti giustamente Magnifico, si limita da solo e va ad imbottigliarsi, cadendo vittima delle provocazioni e beccandosi un rosso, qualcosa non va. Se Koulibaly, che si conferma un mostro in difesa, poi perde la testa e si fa espellere per un arbitraggio opinabile in termini di gestione del famoso clima di cui poco più su, qualcosa non va. E quel qualcosa ha la sua risposta nella domanda posta all’inizio: il problema, come dire, è la testa stessa. È uno di quei problemi di mentalità. E fa parte anche questo della vita o, per meglio dire, di un processo di crescita che, si sa, può essere lungo e non senza imprevisti.

Il Napoli di Carlo Ancelotti, uomo che ha fatto del pragmatismo la sua prima virtù, si scopre ancora vulnerabile. E, come ipotizzabile,  tutto è normale, essendo quest’anno un nuovo inizio, una nuova era. Capitò lo stesso al Napoli di Sarri: giovane e imperfetto, un bambino agli occhi di chi era già pronto. Ancelotti, però, ha avuto la fortuna di ereditare un gruppo già forte e compatto al suo interno e che lavora continuativamente da anni insieme. Il Napoli di Carlo Ancelotti, per usare una metafora, oggi è un adolescente che comincia a scoprirsi adulto ma che adulto non è. Che gioca e si diverte, certamente; che brilla, che sbaglia ma porta a casa comunque il risultato. Che sbaglia e perde. Tutto normale, come le fasi della vita di ognuno. Difatti il calcio è quanto di più umano ci sia ed è un termine di paragone perfetto per la vita di tutti i giorni. La grande sfida di Carlo Ancelotti, lo abbiamo detto in tempi non sospetti, resta quello di traghettare questo Napoli nell’età adulta. E la strada non è tutta rose e fiori. Prevede anche stop, problemi, incomprensioni. Momenti no. Quel che succede nella testa fa la differenza. Basta superare tutto. E gli azzurri, si sa, hanno i mezzi per farlo…

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