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Inter sul tetto d’Europa, cinque anni dopo: l’amore è anche dolore
Cinque anni. Sono passati cinque, lunghissimi, anni. Nel mondo dello sport, un lustro è spesso un’era geologica, una guerra tra mondi distanti, e così è anche per l’Inter. Cinque anni fa una bandiera nerazzurra sventolava sul tetto d’Europa, consacrando l’impresa di un gruppo di eroi. Vincere uno scudetto è alla portata di molti, conquistare un double è materiale per gli annali, mentre il triplete è una svolta titanica, capace da sé di inserire una squadra nell’elenco degli immortali dello sport. Cinque anni dopo, l’Inter galleggia nella mediocrità, proprio nel momento in cui i rivali di una vita stanno abbracciando il sogno di eguagliare il tris della banda di Mourinho. Il 22 maggio 2015, ancor più del 22 maggio 2010, incarna perfettamente l’idea di Inter che ha ogni tifoso.
IL SAPORE DOLCE DELLA GLORIA ED IL GUSTO AMARO DEL FALLIMENTO – L’Inter è apatia e godimento, trionfi e disfatte, gloria e fallimento. Quella dei nerazzurri è una storia d’amore tormentata, minata e rafforzata allo stesso tempo dal seme insano della pazzia. Il tifoso medio dell’Inter è il più folle dei masochisti, oppure è il primo dei romantici, dipende dai punti di vista. L’interista in lacrime dopo la notte di Madrid è lo stesso individuo che ha atteso per 45 anni quel momento. L’interista è in lacrime anche oggi, ma dopo aver sofferto per una stagione disastrosa. Un amore è realmente tale solo se vissuto con lo stesso trasporto nella gioia e nel dolore. L’interista che idolatra quel genio di Mourinho è lo stesso che richiama all’ordine i santi della volta celeste per via di quel piangina di Mazzarri. L’interista pensa a Touré e si ritrova Kuzmanovic, sogna la notte l’urlo di Milito e poi si risveglia con affianco il fantasma di Podolski. L’Inter, internazionale per statuto, è pazza per meriti acquisiti. La Beneamata è una donna bellissima, impossibile da tenere a bada: se fosse stata perfetta, non avrebbe avuto lo stesso fascino.
LAVORI IN CORSO, MANCO FOSSE LA SALERNO-REGGIO CALABRIA – Cinque anni dopo, l’Inter è un cantiere aperto. Al sorriso dal gusto pungente di una Marlboro rossa di Massimo Moratti si è sostituito lo sguardo enigmatico di Erick Thohir, un sognatore concreto, ma allo stesso tempo inesperto. Gli interisti sanno come si vince, eppure lo dimenticano dopo un attimo. Dopo ogni trionfo, riprendono a soffrire, senza dare niente per scontato. In bilico tra un flashback in bianco e nero ed un’istantanea a colori, l’Inter non perde mai la sua identità. È la storia di una vita, è la storia di una creatura folle. Ieri come oggi.
@antoniocasu_
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