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Cronaca

James Wright Foley, molto più che un giornalista

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James Wright Foley
James Wright Foley

James Wright Foley, molto più che un giornalista

James Wright Foley, nato a Rochester, 18 ottobre 1973, primo di cinque figli. E sarà forse l’essere vissuto in una famiglia numerosa a forgiare il suo animo buono ed altruista, che lo porterà a diventare un giornalista, in una personale denuncia delle brutalità della guerra.
Una denuncia fatta di ore di impazienza ai posti di bloccho, di giubbotti antiproiettile, di adrenalina e paura in quei posti di guerra che molti temono anche solo a pensare . Ma lui è sempre lì, in prima linea, vestito di coraggio, perché pensa ne valga veramente la pena: per un mondo migliore, perché il mondo veda la crudeltà della guerra e si convinca a deporre le armi. 
STORIA DI UN EROE – Aprile 2011 : primo rapimento, nel nordovest della Siria, mentre segue le dinamiche conflittuali tra ribelli e regime di Damasco, durato due settimane e mezzo. Ed anche in questo caso non si smentisce : per i compagni di sventura diventa un supporto, proponendo liste di libri e film preferiti per tenere alto il morale, per questo possibile ; coinvolgendoli nella sfida di preparare nuove strategie per il prossimo giorno di giochi per allentare la tensione, per non farLi cedere. Stavolta la fortuna bacia la sua guancia : dopo meno di un mese viene rilasciato.
Ma non basta un rapimento per fermare il suo spirito combattivo, per frenare la sua caccia alle notizie: continuerà a documentare la guerra in Siria, inviando i suoi lavori al Global Post e a Agence France Presse, fino al 22 novembre 2012, giorno un cui viene rapito da appartenenti allo stato islamico, noto anche come Isis. Per due anni non si parlerà della sua scomparsa, una fra le mille di giornalisti in zone di guerra. Almeno non fino al 19 agosto 2014: la fortuna, stavolta, non lo bacia Foley, gli volta direttamente le spalle. È lui lo sa, sa che oggi finirà la sua caccia. Un jhaidista gli punterà addosso uno di quei loro grandi fucili e lo metterà in ginocchio. Foley sarà “protagonista” di un video messaggio all’America, colpevole di aver autorizzato operazioni militari contro lo Stato islamico, e che pagherà con uno spargimento di sangue della propria gente. Ed è lui la prima vittima, costretto a parlare contro la guerra in Iraq e di raid aerei americani prima di esser brutalmente decapitato. Non ci sono più speranze, granate da evitare, corse sotto i colpi di fucile, notizie da documentare e diffondere. Foley chiudere gli occhi ed è semplicemente ora di morire. E morire gli fa male. Ma ha dato la propria vita lottando in nome della giustizia, lottando per difendere gli altri. E se pure non esiste una targa apposita per eroi come lui, lui è effettivamente un eroe. Ora, in quel cielo siriano tormentato dalle bombe c’è una stella in più, e anche da lassù continuerà a guardare e documentare, sperando in un mondo migliore.

Claudia Ceccani 

La redazione del magazine che ha fatto la storia del giornalismo sportivo online moderno

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